La sindrome di Calimero: Il vittimismo patologico

A cura della Dott.ssa Maria Cristina Zezza

Tutti noi nella nostra vita ci siamo ritrovati ad avere a che fare con una persona convinta che capitino tutte a lei, che la vita sia ingiusta, che gli altri siano sempre cattivi e non interessati o non in grado di aiutarla, una persona che si lamenta, accusa gli altri e non riconosce mai la propria responsabilità.

Spesso le persone che hanno a che fare con un vittimista sperimentano sentimenti di impotenza, frustrazione, colpa e rabbia senza comprenderne il motivo.

Quali sono le caratteristiche del Vittimista?

  • Credono che tutto ciò che accada sia colpa degli altri: sono sempre le circostanze esterne a determinare una certa situazione e mai le loro azioni o i loro comportamenti;
  • Tendono a vedere sempre ciò che accade di negativo senza mai prendere in considerazione il positivo. Se gli viene fatto notare attacano l’altro dicendo di non sentirsi capiti;
  • Cercano il minimo dettaglio per accusare l’altro di malafede e sentirsi vittime;
  • Si lamentano continuamente senza cercare attivamente delle soluzioni. In questo modo cercano compassione e attenzione;
  • Non sono in grado di fare autocrita. Queste persone sono convinte di non avere nessuna colpa, che non ci sia niente da criticare nei loro comportamenti. Dal momento che la responsabilità è degli altri, non accettano le critiche costruttive e tanto meno fanno un esame di coscienza approfondito che potrebbe portarle a cambiare il loro atteggiamento;
  • Esprimono spesso sentimenti di invidia e di critica verso gli altri e la felicità degli altri;
  • Ripetono sempre che nessuno li capisce;
  • Si credono piu furbi in quanto sono convinti di riuscire a vedere prima le cattive intenzioni degli altri, sfociando nei casi piu gravi anche nella paranoia.

Il vittimista sembra richiedere l’attenzione totale degli altri, fino al punto che agli altri, ai quali viene mostrata la sofferenza, non viene riconosciuta alcuna esigenza e libertà personale, neppure relativa a problemi e sofferenze, che vengono comunque considerate secondarie. Basta un niente affinché gli altri possano essere accusati di disinteresse, incomprensione e tradimento della relazione affettiva.

Sono persone che hanno difficoltà ad esprimere le loro ansie, dolori, preoccupazioni anche reali in una modalità che non risulti affliggente per gli altri e per loro stessi. Non se ne rendono conto, non lo ammettono, non possono farne a meno, per cui esprimono il loro malessere in un modo frustrante e a volte più o meno aggressivo verso gli altri, e purtroppo in particolare verso chi li aiuta o li potrebbe aiutare.

La vittima del vittimista

Il vittimista per continuare a potersi sentire vittima devo sempre trovare un colpevole. Il presunto colpevole diventa quindi a sua insaputa la vittima del vittimista. Sono persone che tentano di aiutare e rassicurare il vittimista sentendosi poi attaccati e incolpati di non essere in grado di capire e non voler realmente aiutare. Sono persone che vengono costantentemente colpevolizzate di tutto sperimentando sentimenti di colpa e inadeguatezza. Si sentono profondamente impotenti in quanto qualsiasi cosa facciano per aiutare il vittimista è comunque sbagliano.

In che modo il vittimista tende la sua trappola alla sua vittima?

  • Delegittima l’altra persona: se qualcuno prova a rassicurare o far cambiare idea al vittimista verrà disarmato portando il discorso su un altro livello. Ad esempio: se una persona osa contrastare una lamentela con prove indiscutibili o statistiche provenienti da fonti attendibili, la vittima non risponderà con dei fatti, ma dirà qualcosa del tipo: “Mi aggredisci continuamente, ora dici che sto mentendo” o “Stai cercando di imporre le tue opinioni, fammi il favore di chiedermi scusa”.;
  • Non ammette mai di aver sbagliato: Ad esempio, se una persona risponde con un dato verificato che nega quanto affermato, la vittima non riconoscerà il suo errore. In ogni caso, cercherà di ritirarsi in modo dignitoso dicendo qualcosa del tipo: “Questo fatto non nega ciò che ho detto. Per favore, non creare più confusione e caos” o “Mi stai incolpando di confondere gli altri, sei un maleducato, è chiaro che è inutile discutere con te perché non vuoi sentire ragioni”, quando in realtà a creare confusione è lei stessa;
  • Manipola emotivamente l’altro: Una delle strategie preferite dalle vittime croniche è la manipolazione emotiva. Quando questa persona conosce abbastanza bene l’altra parte, non esiterà a giocare con le sue emozioni sfruttando l’empatia che l’altro puo provare. Ad esempio una frase tipica può essere : “ con tutto quello che ho fatto per te, è cosi che mi ripaghi?”

  Da dove nasce il vittimismo?


Spesso nelle storie del vittimista possono rintracciarsi vissuti di violenza fisica e/o psicologica da piccoli o un ambiente familiare emotivamente trascurante. Il vittimismo può, quindi, essere un modo di reagire ad un’infanzia che per quanto abbia avuto una facciata sana e accettabile è stata vissuta, sul piano degli affetti e della fiducia, in modo ambivalente e pericolante.

Nel vittimismo patologico allora si può rivivere l’ansia di non essere mai stati aiutati veramente da qualcuno, in quanto da bambini non era così, e l’ambiente domestico e/o scolastico era percepito nella sua sostanziale ambiguità e inaffidabilità psicologica. Da ciò deriva la convinzione che nessuno possa o voglia davvero aiutare e che tutti in fondo se ne freghino. Il bambino vittimista non ha potuto esprimere in modo diretto i suoi bisogni e ha quindi imparato ad esprimerli in modo indiretto ed esasperandoli pur di venire ascoltato.


In altri casi, il vittimismo è stato appreso da un genitore che a sua volta utilizzava la modalità vittimista facendo sentire sempre in colpa o inadeguato il bambino (futuro)vittimista.

Cosa fare?

 Come abbiamo visto, il vittimismo è tossico sia per chi lo agisce sia per chi lo subisce.

Se ti trovi nella condizione di essere una vittima del vittimista, il primo passo è rendersi conto che si tratta di una persona che assume questo ruolo. E’ quindi importante non cadere nella trappola della manipolazione e della colpa. La cosa più opportuna da fare è dire che non abbiamo tempo per ascoltare le sue lamentele , che se ha bisogno di aiuto saremo lieti di darglielo, ma non siamo disposti a sprecare tempo ed energie ad ascoltare le sue lamentele e sentirci accusati di non importarcene.

Se ti sei riconosciuto, invece, nel ruolo del vittimsta patologico è importante lavorarci per uscire da questa modalità che non è costruittiva nè per te stesso ne per chi ti è accanto. Lavorare sulle tue ferite reali e sul bisogno che senti ti consentirà di poter davvero essere e sentirti aiutato e riuscire a vedere il mondo a colori e non solo in bianco e nero.