“Io ti salverò e tu mi amerai”- La sindrome da crocerossina

“Io ti salverò e tu mi amerai” – La sindrome da crocerossina

A cura della

Dott.ssa Maria Cristina Zezza

 

Cosa s’intende per sindrome da crocerossina?

E’ ormai entrato nel gergo comune nominare “crocerossina” la persona che tende ad aiutare chiunque sia in difficoltà, con dedizione ed abnegazione. Ci riferiamo quindi a quelle persone molto accudenti e protettive, sempre pronte a compiacere, gratificare e giustificare l’altro, anche sacrificando i propri bisogni e se stesse. A qualche livello il “soccorrere gli altri” è una missione che la persona sente di avere dentro di se, un dare un senso alla propria vita e un sentirsi utile. In realtà questo atteggiamento nasconde molto di più.  Chi tende ad annullare se stesso per compiacere il proprio partner è una persona con scarsa autostima, è come se riuscisse a dimostrare a se stesso di avere un valore solo se in grado di prendersi cura e accudire il proprio partner. Ha un profondo e sofferto senso di solitudine e di mancanza di amore. Avendo la convinzione di non avere valore e quindi di non essere “degna d’amore” fa di tutto per guadagnare questo amore. Il comportamento crocerossino ha anche una forte componente manipolatoria spesso inconsapevole: rendendosi sempre disponibile e indispensabile cerca di tenere legato a se il proprio partner. “Io ti salverò e tu mi amerai e rimarrai sempre con me”. Ha quindi anche la funzione (illusoria) di evitare un ipotetico abbandono e di tenere legato a se il proprio compagno.

Questo atteggiamento di perenne presenza, totale dedizione e protezione del proprio partner porterà alla lunga la persona a sperimentare dentro di se sempre più frustrazione e rabbia.  Essendo totalmente abnegata al proprio partner non è in grado di prendersi cura di te stessa, nega e trascura i propri bisogni sperimentando spesso sentimenti di vuoto e solitudine. Il fatto di rinunciare a se stessa a favore del proprio partner le crea delle aspettative illusorie circa il ritorno che questo comporterà. L’aspettativa della crocerossina è quella di essere ricolmata d’amore per i propri sforzi, tanto di quell’amore che possa ricolmare il suo vuoto interiore. Quasi puntualmente ciò non accade, gettando la crocerossina in uno stato di sconforto e disperazione. Vivrà se stessa come un fallimento e confermerà a se stessa di non aver valore e d non essere “meritevole d’amore”. Come mai non ha il ritorno desiderato? Innanzittuto nessuno potrà darle tutto quell’ amore di cui lei sente il bisogno. L’unica persona che può darglielo è lei stessa, imparando ad amarsi e a prendersi cura di se. In secondo luogo spesso il partner della persona crocerossina si sente oppresso dalle troppe attenzioni, si sente controllato o “debitore” e si sente in qualche modo “castrato” dal fatto che la propria partner risolva tutti i problemi al suo posto, trattandolo come in una relazione madre – bambino.  Spesso accade quindi che la crocerossina, nell’estremo tentativo di essere indispensabile ed evitare l’abbandono, in realtà co-occorre nel procurarlo.

Un altro rischio di questo tipologia di relazione è che le crocerossine scelgono partner problematici, magari tossici, drogati, violenti nella speranza di salvarli mettendo a rischio anche se stesse e cercando l’amore proprio in chi non potrà darglielo.

 

Come si diventa crocerossine?

Le crocerossine/i sono stati spesso bambini e bambine cresciuti in famiglie disfunzionali in cui la maggior parte dei messaggi erano negativi e svalutanti, caratterizzati spesso da mancanza di amore o da un padre dittatoriale e madre iperprotettiva che hanno trasmesso quindi una sfiducia in se stesso al bambino. Nell’infanzia della persona crocerossina si evidenziano inoltre anche eventi traumatici come lutti di un genitore o una separazione-divorzio, o genitori alcolizzati per cui il bambino ha imparato molto presto a rinunciare ai proprio bisogni a favore del genitore bisognoso. Ha quindi interiorizzato il modello di salvatore fin da molto presto, sperimentando un inversione di ruolo in cui invece di essere accudito è diventato lui l’accudente.

 

Cosa fare?

Innanzitutto è indispendabile diventare consapevoli del proprio comportamento. Solo rendendoci conto delle nostre difficoltà possiamo fare qualcosa per affrontarle.

E’ necessario un lavoro su se stessi, alla scoperta di se per imparare a darci quell’amore che tanto vorremmo. Solo amando noi stessi in primis potremo riuscire a costruire delle relazioni sane e paritarie e comprendere come possiamo essere amati per ciò che “siamo” e non per qualcosa che facciamo. È quindi importante prendersi cura di noi stessi, chiederci come stiamo e cosa vorremmo per noi.

E’ importante riconoscere ed entrare in contatto con tutte le nostre emozioni che sottendono a questa dinamica come ad esempio la sofferenza, la rabbia e il senso di colpa anche se possono spaventarci e riconoscere i nostri bisogni e i nostri desideri

Non avremo mai la garanzia di non essere abbandonati nuovamente ma avremo la consapevolezza di poter sempre contare su noi stessi.

 

“Amare se stessi è l’inizio di una storia d’amore lunga tutta la vita” Oscar Wilde